Un amico tanti anni fa durante la lezione di chimica mi toccò il braccio e mi chiese: “Lo sai come capisci se una ragazza è vergine o meno?”
Da bravo adolescente inesperto e innocente, rimasi in silenzio nell’attesa di un illuminante risposta.
Mi fissò, si girò intorno sperando di non essere ascoltato da nessuna ragazza e concluse: “Dalla camminata”.
Contemplai per qualche secondo questa sua espressione eroica, tipica di coloro che, delegati da Dio, hanno il compito di cambiarti la vita per sempre. La mia febbrile volontà di conoscere non poteva arenarsi su quel sorriso compiaciuto e lo incalzai di domande. Peggio di quando a cinque anni, volevo sapere a tutti i costi da zia cosa fosse un trans.
“Cioè che significa? Come deve camminare? Se ha i piedi a ore 10.10 significa che ce l’ ha spanata? Mentre se cammina molleggiando ha perso solo la verginità anale? Quali sono i parametri di giudizio? Per la verga di Zeus, supremo toro dell’Olimpo, voglio saperlo!!!”
Non ricevetti alcuna risposta.
Intorno a questo tema da sempre aleggia un certo fascino e mistero. Ne parlava mia nonna con grande schiettezza quando ero poco più di un pargolo. Diceva: “Ai miei tempi le ragazze dopo la prima notte post-nozze mostravano le lenzuola sporche di sangue alla famiglia del marito a testimonianza del fatto che la purezza della sposa era stata violata solo dopo il matrimonio”.
Forse volontariamente dimenticava però un dettaglio non trascurabile. Molte donne, per ragioni evidenti, nascondevano la verità usando il sangue di qualche animale e spargendolo sulle lenzuola come se fosse il proprio. Escamotage sensati di una cultura paesana che dava un valore spropositato alla verginità.
Bene, questo è il quadro sociale di circa 50 anni fa, forse anche di più. Ma oggi?
Dire che nel 2015 16enni di vergine non hanno neanche più l’olio d’oliva non è affatto un’eresia. Statisticamente è dimostrato che la fascia di età in cui si perde maggiormente la verginità è tra i 13 e i 15 anni. Lo ripeto: 13 anni!! A quell’età giocavo ancora con i Bleyblade e la mia unica preoccupazione era capire se guardare Dragon Ball alle 14.30 o giocare a FIFA 2006.
Emblematico un caso passato alla cronaca internazionale poco tempo fa.
Una ragazza di 27 anni, Elizabeth Raine, lanciò un annuncio scandaloso sul web per una buona fetta della popolazione. Desiderava vendere la propria verginità all’ asta per potersi pagare la retta universitaria. Un gesto nobile per alcuni perché pur di realizzare il suo sogno lavorativo era disposta a vendere all’ingrosso il più sacro dei buchi. Per il mondo cattolico (e forse non solo per l’ ala più conservatrice) era ed è un gesto deplorevole e condannabile al pari di tanti altri.
Forse bisognerebbe creare una nuova categoria sui siti porno (o forse esiste già?). Coloro che preferiscono la purezza alla contaminazione dell’ utero. Sorge però una domanda. Perché dover spendere una cifra come 250 mila dollari con una ragazza che:
1) ha un’ esperienza sul campo pari a quella di una suora di clausura
2)sulla Salaria ci sono ragazze molto più belle e a costi decisamente inferiori
Una vendita diretta era impensabile decine di anni fa. Immaginate vostra nonna che, raccontando la sua storia al nipotino, ringrazia la verga nera che gli ha fruttato i soldi per comprare la casa in cui vive la figlia.
Dopo il concilio di Trento, bastava una zaganella e finivi in carcere. Intorno al 1968 hanno chiuso le “Case Chiuse”. All’età dei nostri nonni andavano di moda i “fumetti”, poi col tempo il mondo giunse al futuristico Youporn, e ora, basta e avanza Facebook. C’è stata per cosa dire una rincorsa, come un elastico che tirato tutto da un lato, poi è schizzato (verbo decisamente appropriato) verso il lato opposto. Un climax che dall’alba dei tempi ha sessualmente spiaggiato 7 miliardi di individui, tra cui milioni e milioni di ragazze e ragazzi che bevono, più che altro vomitano, per dimenticare. Probabilmente la loro verginità, inghiottita da cosce feroci, è stata la principale vittima.